Il malore del centrocampista della Fiorentina durante la gara con l’Inter rimanda a tanti precedenti, tra chi si è salvato e chi non ce l’ha fatta
Con la paura in campo per Bove, portato via dall’ambulanza dopo essersi accasciato all’improvviso in campo per un malore dopo pochi minuti dall’inizio della gara con l’Inter, il calcio rivive uno dei suoi peggiori incubi. In attesa che gli accertamenti in ospedale verifichino di che entità è stato il problema che ha portato l’ex Roma a crollare in campo, vengono in mente tante immagini del passato.
Il caso Ndicka
A giudicare dalle reazioni dei compagni di squadra e di tutti quelli che erano presenti in campo, il primo pensiero, la prima preoccupazione è stata che potesse trattarsi di un problema cardiaco, uno dei tanti casi che da tempo si verificano sui campi e che riporta a quanto accadde l’anno scorso a Ndicka a Udine, con il giocatore della Roma che fu portato in ospedale ma che per fortuna si riprese subito, e non solo.
Il dramma di Curi e Morosini
Sono ancora vivi i ricordo dei drammi in diretta di Renato Curi e Piermario Morosini, i giocatori del Perugia e del Livorno morti dopo choccanti malori in campo, nel ’77 e il 14 aprile del 2012. E’ dell’Europeo del 2021 invece l’immagine di tutta la Danimarca che si stringe intorno al suo compagno di squadra, il centrocampista allora dell’Inter, Christian Eriksen, improvvisamente crollato a terra e in seguito portato in ospedale. Fu arresto cardiaco che per interminabili momenti fece temere per la vista del giocatore, poi miracolosamente scamparo alla sorte e ora addirittura tornato a giocare grazie ad un defibrillatore fisso.
Il precedente di Manfredonia
Rimane nella storia del calcio italiano il Bologna-Roma del 30 dicembre 1989: dopo cinque minuti Lionello Manfredonia si accascia a terra per un arresto cardiaco, il soccorso dell’ex compagno della Lazio Bruno Giordano fu importante. Poi quello del massaggiatore della Roma, Giorgio Rossi, fu decisivo: evitò il peggio aprendo la bocca con l’aiuto delle forbici per evitare che la lingua rivoltata potesse soffocarlo.
Il massaggio cardiaco del dottor Alicicco, la defibrillazione praticata in ambulanza dal medico Naccarella e il trasporto tempestivo all’ospedale Maggiore, in appena 7 minuti, furono gli altri elementi determinanti. Gli fu praticata la defibrillazione per quattro volte. Dopo 48 ore, Manfredonia si risvegliò dal coma. Tentò di ritornare in campo ma l’Istituto di Scienza dello Sport non gli diede l’idoneità.
Da Muamba a Lockyer
L’episodio occorso a Fabrice Muamba è probabilmente il più incredibile. Il 17 marzo 2012, durante Tottenham-Bolton, il 23enne in forza agli ospiti subì un arresto cardiaco. Fu soccorso dagli staff sanitari delle due squadre, ma fu decisivo l’intervento di Andrew Deaner, un medico tifoso degli Spurs, presente sugli spalti. Muamba trascorse 78 minuti in uno stato di morte apparente. Dopo una ripetuta serie di scariche del defibrillatore, sul prato e in ambulanza, il cuore tornò a battere e fu trasportato all’Heart Attack Center del London Chest Hospital, ricoverato in terapia intensiva. Il timore che l’infarto potesse aver lasciato danni permanenti svanì due giorni dopo, quando Muamba ricominciò a muovere le gambe e riconobbe la famiglia.
Terribile la storia di Abdelhak Nouri: la giovane promessa dell’Ajax nel 2017 si accasciò in campo per un arresto cardiaco, si risvegliò dal coma artificiale a cinque giorni dallo svenimento in campo per un’aritmia cardiaca durante un’amichevole in Austria, con danni cerebrali permanenti.
Altro caso recente quello di Tom Lockyer, capitano del Luton che a dicembre 2022 è collassato privo di sensi per un infarto mentre giocava. Per lui si trattava della seconda volta, giocava con un defibrillatore che anche in questa occasione gli ha evitato una tragica fine.