L’ex Torino e Fiorentina è sempre stato un talento indisciplinato: etichettato da come nuovo Kakà non è mai esploso del tutto ma aveva mezzi enormi
Mangiava troppa Nutella e passava troppe ore alla playstation per avere “la testa” da campione, perché in realtà le qualità per esserlo ad Adem Ljiaic non sono mai mancate. In gioventù lo avevano già battezzato, forse precocemente, il nuovo Kakà ma come tanti serbi in lui hanno sempre convissuto genio e sregolatezza. Rimarrà nella storia del calcio italiano più per l’episodio con Delio Rossi, quand’erano alla Fiorentina, che per le sue (non poche) giocate da campione ma ora che è a fine carriera ha forse trovato finalmente la felicità.
Le parole di Garcia
“Da quando è arrivato ho sempre detto che è un talento enorme. Ora è consapevole del fatto che lavorando può diventare un’arma devastante. E’ stato un po’ criticato, ma ha risposto sul campo. La stagione però non è finita e non si deve addormentare”. Parole e musica di Rudi Garcia che ai tempi della Roma descrisse subito pregi e difetti del talento serbo. Uno che se avesse voluto avrebbe potuto fare sfracelli sempre in campo: agile, veloce, elegante, dotato di qualità tecniche non comuni abbinate ad un fisico importante, eppure non è mai diventato un vero top player.
La carriera di Ljiajic
Ljajic ha esordito giovanissimo con la maglia del Partizan sia in campionato che nei preliminari di Champions League e faceva già parte del gruppo della rappresentativa Under 21 del suo Paese quando si scatena una vera e propria corsa a chi arriva prima al suo cartellino. La spunta il Manchester United che nel 2008 lo mette sotto contratto quand’è ancora minorenne, lasciandolo inizialmente a Belgrado e chiamandolo solo per allenamenti saltuari. In uno di questi, però, Ferguson resta colpito negativamente e il trasferimento salta, ufficialmente “per motivi burocratici”. Ne approfitta la Fiorentina che sogna l’accoppiata tutta fantasia con Jovetic.
Quando sulla panchina viola arriva il suo connazionale Mihajlovic sarà odio e amore. Sinisa poi lo vorrà in Nazionale ma dalla Nazionale lo caccerà: non se la sentiva di cantare un inno che non sentiva suo (“Io amo la Serbia, ho sempre voluto giocare per questa nazionale sin da quando ero bambino. Rispetto tutti, ma prima ancora devo rispettare me stesso”, dichiarò nel 2012. Questione di radici, soprattutto, che per Ljajic restano incastonate a Novi Pazar, una città di confine. La famiglia infatti, è appartenente all’etnia “Bosgnacca”, originaria della Bosnia-Erzegovina e di confessione musulmana) salvo successivamente chiederlo al Torino anni più tardi.
I pugni di Delio Rossi
Nella sua esperienza alla Fiorentina resterà per sempre impressa una data. E’ il maggio del 2012. I viola giocano in casa contro un Novara già con un piede in Serie B e tutti si aspettano quella vittoria che vorrebbe dire salvezza, ma gli ospiti prima passano in vantaggio con Jeda, poi al 30’ raddoppiano con Rigoni. Sul Franchi cala il gelo. I tifosi trovano solo la forza di fischiare, Delio Rossi di sostituire Ljajic, un minuto dopo, con Ruben Olivera. Il talento serbo torna verso panchina visibilmente deluso e nel prendere posto tra i suoi compagni, applaude ironicamente il tecnico che prima gli urla qualcosa e poi gli si avventa contro colpendolo con diversi pugni. Solo l’intervento dei tanti presenti riuscirà a placare la furia di un Rossi che poi tornerà a dirigere la squadra da bordo campo come se nulla fosse accaduto, il tutto mentre le immagini che lo vedono protagonista stanno già facendo il giro del mondo.
La Fiorentina pareggerà quella partita grazie ad un sussulto d’orgoglio e ad una doppietta di Montolivo, ma il destino del tecnico è ormai segnato. “Ci sono cose sulle quali non transigo: il rispetto alla mia persona, alla squadra, ma soprattutto alla mia famiglia. E’ successo un qualcosa che è andato a toccare queste situazioni. Ljajic si è rivolto a me dicendomi ‘Bravo maestro, fai il fenomeno’. Gli ho detto che non si doveva permettere e lui mi ha offeso in serbo. Io ho allenato tanti giocatori serbi ed ho capito che ha detto ‘Vai nella fi… di tua madre’, al quel punto non ci ho visto più”. Rossi andrà via, Ljajjic resterà e troverà in Montella il tecnico capace di far emergere appieno il suo talento. Inizia un lungo pellegrinaggio tra la Roma, l’Inter, il Torino prima di lasciare l’Italia.
Il ritorno a casa da re
Talento giramondo Ljajic firma per il Karagumruk di Pirlo, poi passa al Besiktas , squadra con la quale ha vinto un campionato ed una coppa di Turchia, prima di essere considerato un separato in casa. Fuori rosa a Istanbul, parametro zero dopo la scadenza contrattuale nel 2022.. Infine quest’estate torna al Novi Pazar, club che lo aveva cresciuto e in cui aveva giocato dal 2001 al 2005. Proprio nel Novi Pazar, l’esterno serbo ha mosso i suoi primi passi, giocando nelle giovanili dall’età di 10 anni, nel 2001, fino al 2005. Il ritorno al Novi Pazar è stata un’occasione per i tifosi di festeggiare, il serbo ha infatti ricevuto un’accoglienza da re, tra cori, fumogeni e una grande festa a cui lo stesso Ljajic ha partecipato, apparendo felice come non mai.E non finisce qui. Ljajic sorprende tutti intraprendendo una nuova avventura nel basket. Oltre a giocare a calcio nel Novi Pazar è stato tesserato anche per la squadra amatoriale di basket della stessa polisportiva.