Toto Wolff si confessa in una intervista in cui parla della sua infanzia e dei traumi che hanno poi condizionato la sua vita dal punto di vista mentale. Ma si è anche aperto sul rapporto con Hamilton e sul caso riguardante la moglie e lo scontro con Horner
Mentre la stagione di F1 è ormai giunta al trittico finale delle ultime tre gare in programma per questo 2024, Toto Wolff si è tolto qualche sassolino dalla scarpa in una chiacchierata concessa al Guardian. Dove tra l’altro ha ribadito le fragilità su cui si era già aperto in passato, ma è anche andato all’attacco di un collega, Christian Horner, in merito al caso che coinvolse sua moglie Susie Wolff per poi evaporare nel nulla.
Toto Wolff e la salute mentale: “In alcuni momenti mi sento vulnerabile”
“Ho sempre avuto problemi di salute mentale”, è una delle rivelazioni che anzitutto concede Wolff. Che comunque non si tratta di un fulmine a ciel sereno, avendone già parlato questa estate. Non una cosa da poco, visto che giusto pochi anni fa parlare di problemi mentali era qualcosa da derubricare come un tabù, un lusso che nessuno poteva permettersi di dichiarare pubblicamente, figurarsi personalità di peso come il massimo dirigente del team Mercedes.
“In alcuni momenti mi sento vulnerabile. E la mia frustrazione professionale – riferendosi ai risultati della scuderia nelle ultime stagioni – non è minimamente paragonabile alle esperienze che ho vissuto”.
I traumi dell’infanzia che hanno condizionato Wolff
E quindi con il giornalista Donald McRae è andato più sullo specifico riguardo le avversità che ha fronteggiato durante l’infanzia: “Mio padre è morto quando avevo 15 anni. Ma è stato gravemente malato di cancro al cervello per 10 anni, quindi, da bambino, ho dovuto prendere il controllo della situazione. Mia madre non era così presente perché doveva tirare avanti da sola. Ero io a prendermi cura della mia sorellina. Volevo essere responsabile di me stesso, non essere una fonte di disagio per i miei. Volevo il controllo finanziario della mia vita. È iniziato quando avevo otto anni, in maniera netta. Non avevo scelta”.
Poi ha svelato un aneddoto di quando era un ragazzino, quando a 12 anni il preside dovette estromettere dalla scuola lui e la sorella perché erano insolventi con le tasse: un trauma che si associa all’altro relativo alla morte del padre. Da qui, la radice dei problemi di salute mentale di Wolff: “Quando attraversi delle difficoltà da bambino e non riesci a elaborarle, questi problemi ti si presentano“.
E riaffiorano “in situazioni di vita davvero difficili, come la morte, la malattia o le separazioni. Non con gli affari o lo sport”. Tanto è vero che, quando ci sono i periodi di fermo della F1 come le due settimane estive, “per me diventa dura. Cerco quindi di tenermi impegnato con cose che mi piacciono. Non sono tipo da un mese di vacanza”.
Con questa confessione Wolff vuole abbattere”lo stigma della salute mentale”. E lo fa ammettendo periodi bui, “in cui devi sopravvivere mentalmente giorno per giorno“, incassando duri colpi come il suicidio di un suo amico all’età di 30 anni. “Penso a lui sempre, ma devi farci i conti”. E cita quindi Schopenhauer, quando afferma che “la vita è una sofferenza costante, ma più ti avvicini alla fine e più senti il sollievo. E io sono oltre metà strada”.
Hamilton alla Ferrari, “quando me l’ha detto è stato doloroso”
Nell’intervista c’è stato spazio anche per l’addio di Hamilton alla Mercedes e la nascita di una nuova fase, anche sul piano dell’amicizia tra i due. E se da un lato Wolff coglie l’entusiasmo per una nuova era con George Russell e il suo pupillo tanto voluto in squadra Andrea Kimi Antonelli, dall’altro nel ripercorrere i retroscena già svelati sulla chiusura del contratto con il pluricampione del mondo ne ha svelato uno ulteriore: “Quando Lewis mi ha detto che lasciava Mercedes per andare in Ferrari ho visto che provava dolore nel dirmelo. Ma ci siamo risparmiati l’altro dolore, quello di non rinnovare il contratto per via della sua età”.
Il caso Susie Wolff e il documento che Horner non voleva firmare
Infine, il caso legato a Susie Wolff e riguardante un presunto conflitto di interessi. La FIA era pronta ad indagare su Toto e sulla managing director della F1 Academy partendo da una segnalazione anonima, che imputava alla donna la (presunta e mai provata) divulgazione di informazioni tecniche riservate al marito.
Tuttavia, le scuderie del circus si erano prontamente mosse non solo per esprimere solidarietà a Susie Wolff, negando ogni coinvolgimento nelle presunte rivelazioni, ma per produrre anche un documento di plateale sostegno. L’unico a non firmare, però, è stato Christian Horner, e quindi Red Bull.
“Posso sopportare un sacco di mer…. Ci sono abituato. Ma se tua moglie viene trascinata in un conflitto con cui non ha nulla a che fare, allora lì non c’è più tolleranza”, ha sostenuto Wolff, che ha lodato comunque la risposta degli altri team che è stata spontanea (“Non ho dovuto fare nessuna telefonata”). “Da Guenther Steiner a James Vowles, tutti si sono buttati a capofitto. Erano tutti pronti, tranne Christian, a firmare un documento a nostro sostegno”.
“Non ci si può fidare di Horner”
Appunto, sul team principal di Red Bull il collega di Mercedes ha aggiunto: “Per quanto io ne so, ha detto: ‘Sto dando la mia intervista a Sky e dirò che non ne faccio parte. Non firmerò il documento’. Le altre nove squadre hanno detto: ‘Bene’. Ma ovviamente gli è stato detto che non sarebbe stato bello e che avrebbe dovuto far parte del documento”.
Wolff ha poi spiegato che successivamente Horner ha provato a far cambiare il documento in modo tale che nessuno dei team principal esprimesse una lamentela ufficiale nei confronti della FIA. “Gli altri team hanno detto: ‘Bene. Noi facciamo la nostra dichiarazione e voi fate la vostra’. Alla fine, l’ha firmata”.
Secondo il 52enne “non ci si può fidare di Christian”. E inoltre, Horner “ha anche cercato di crearmi problemi mancando di rispetto a mia moglie, sminuendo il doloroso percorso che ha dovuto affrontare per raggiungere ciò che ha fatto dentro e fuori dalle piste”.