Kinzang fa parte dell’esercito reale, ma sei mesi l’anno diventa un’atleta e cerca di migliorare i suoi tempi: “Il mio obiettivo – aveva detto alla vigilia – è finire la Maratona e ce la metterò tutta”. E ce l’ha fatta
Kinzang Lhamo voleva solo finire la sua corsa. Non cercava podi, record, piazzamenti. Agli dei dello sport aveva chiesto poco, solo di raggiungere il traguardo. E attraversare la linea, quel confine tra l’abbandono e la gloria. Ognuno nello sport ci vede quello che vuole. Per molti è il superamento dell’impossibile: la conquista di tre, quattro o tanti ori quanto la grandezza dei suoi desideri. Magari in un’edizione sola. Ma per altri basta arrivare, adagiarsi a terra, ascoltare il respiro e dirsi sì, ce l’ho fatta. L’obiettivo di Kinzang, 26 anni, dal Bhutan era quello di finire la maratona. “È quello che voglio fare e ce la metterò tutta”, aveva detto prima di partire. Ci è riuscita. Novanta minuti dopo la prima, ottantesima al traguardo, arrivando camminando ma senza fermarsi, mentre la folla ai lati della strada la seguiva da qualche chilometro, incitandola, incoraggiandola, battendo sulle transenne. Che la forza sia con te. Un’estasi collettiva. Nell’ultimo giorno di Giochi non c’è un vero e proprio legno, che tanto non esiste e dunque lasciamolo volare via. C’è però una metafora, e forse vale tutta l’Olimpiade.