Spettatore e protagonista di un episodio di violenza che ha coinvolto il figlio nel corso di una partita tra quindicenni su un campo di periferia, l’ex attaccante Aldo Serena ha deciso di denunciare l’accaduto con una accorata lettera che è anche l’occasione per rivolgere un appello al mondo del calcio giovanile.
È una lettera carica di rammarico, delusione e impotenza quella che l’ex attaccante della Nazionale, Aldo Serena, affida alle colonne virtuali de Il Corriere della Sera per raccontare l’increscioso episodio di violenza che ha visto protagonista il figlio quindicenne, preso di mira nel weekend su uno dei tanti campi di periferia in cui i ragazzi affidano a un pallone i propri sogni.
Nelle parole di Serena c’è il racconto di un padre, inerme davanti alla reazione violenta di un figlio vittima di insulti e sputi nel corso di una partita di calcio. In campo ragazzi di quindici e sedici anni, allievi per usare gergo calcistico, che si fronteggiano fino all’episodio che spinge l’ex attaccante a impugnare la biro e a rompere il silenzio su quella che nei campetti della domenica di periferia in ogni angolo d’Italia è, purtroppo, ancora troppo spesso la normalità.
“In area – racconta al CorSera Serana – mio figlio quindicenne battibecca con il suo marcatore, un po’ troppo affettuoso. Viene spinto e poi gli sputano in faccia (i suoi compagni diranno che in precedenza mia moglie era stata oggetto di aggettivi non riportabili). Lui cade nel tranello e reagisce tirando un pugno“.
Il battibecco prosegue e in quattro assalgono il giovane, trattenendolo per le spalle. Il figlio di Serena riesce a divincolarsi, ma non può evitare il cartellino rosso, in condivisione di uno solo di quegli avversari che hanno agito come un branco. “Hai sbagliato a reagire così”, rivela di aver detto Serena nel post gara al figlio, che ha risposto: “Stavano arrivando ad accerchiarmi“.
Il difficile ruolo del genitore
“Dopo la partita, – prosegue Serena – qualche genitore o sostenitore dell’altra squadra si scusa per quello che ha visto in campo. I ragazzi invece, quando escono dagli spogliatoi fumando, con fare arrogante continuano a provocare anche noi adulti. Il padre del «capetto» ferma il figlio, per convincerlo a chiedere scusa, ottenendo come risposta soltanto una minaccia: voglio l’indirizzo di quello lì, così poi lo andiamo a cercare. Lo sproloquio è continuato anche davanti agli allenatori. In sintesi: chi si mette contro di noi, la paga”.
Poi Serena rivela il proprio conflitto interiore in quei concitati momenti: “Ho avuto un sentimento misto fra la malinconia e la pena per quel genitore gentile e pacato che cercava di convincere suo figlio a chiedere scusa. Lo guardavo e mi dicevo che aveva perso la sua partita. Tanto tempo fa ho […] voluto essere diverso […]. Sono stato sul punto di chiedere a quel papà se volesse dargliela lui o gliela dovevo dare io una bella sberla. Forse avessi risposto al primo impulso, avrei fatto una cortesia a entrambi, ma sono cambiato e la mia parte zen mi ha aiutato“.
L’amaro appello di papà Aldo
Infine, Serena, non può far altro che concludere con un appello a chi il calcio di periferia lo vive ogni giorno e può davvero, con i propri comportamenti, provare invertire la rotta: “Nel nostro calcio, già pieno di problemi, ora c’è il rischio che si insinuino quei gruppi di bulli, il famoso branco che spesso terrorizza le serate degli adolescenti con furti, violenze o estorsioni”.
“Penso che allenatori, dirigenti, genitori del calcio giovanile e dilettantistico (quello più vulnerabile) devono stare in allerta: cerchiamo di capire in tempo quando si sviluppano dinamiche come questa, e fermiamo questa deriva, prima che sia troppo tardi”, ha concluso amaramente l’ex campione tra le altre anche di Inter, Juve e Milan, oggi semplicemente papà Aldo.