Paola Egonu è l’Italia: il murale apparso a Roma nella notte tra l’11 e il 12 agosto è un omaggio della street artist Laika all’opposta, fresca vincitrice della medaglia d’oro olimpica
Paola Egonu disegnata con le forme dell’Italia a due passi dal Palazzo del Coni: Laika omaggia la fresca medaglia d’oro del volley femminile con un’opera di street art che è già virale. L’altra Egonu. Julio Velasco l’ha definita icona: non ci diventi solo perché sei la più forte pallavolista in circolazione o perché ti sei messa la medaglia d’oro olimpica al collo.
Certo: entrambe le cose servono a scrivere la storia, trovare gloria, diventare metro di giudizio e paragone per le prossime generazioni. C’è un filo diretto che parte da Julio e arriva a Paoletta.
Quello che va oltre lo sport
È l’extra sport. Egonu è icona nella misura in cui anche Velasco – Velasco addirittura di più – è emblema e simbolo di un’epoca, di un contesto, di un periodo e di una società. Non sono dissociati né dai luoghi né dai tempi ma diventano personaggi e vivono di vita propria. Appartengono alla gente. Egonu non ha solo messo piede sul gradino più alto del podio.
Mentre si cimentava nell’unica dichiarazione pubblica da una valangata di tempo per dire che Velasco ha unito il gruppo e l’ha trasformato in squadra, c’era già chi andava oltre.
Chi è Laika, l’attacchina di Roma
Laika è un’attivista romana con maschera bianca e parrucca rossa. Non si fa vedere in volto perché l’aspetto fisico non deve influenzare il messaggio. Street writer di giovane leva, si accompagna con un numero romano, MCMLIV, il 1954.
Il soprannome della cagnolina russa più l’anno in cui divenne il primo essere vivente in orbita. La missione dello Sputnik 2 diventa l’alter ego dell’attacchina – si definisce così – con la voce metallica e distorta.
Il suo museo a cielo aperto ha preso forma nel 2019 e da lì ha continuato ad aggiungere pareti virtuali a ospitare opere reali. Si considera studentessa a tempo pieno, nel senso che ha deciso di non smettere di imparare: i suoi viaggi sono dettati dall’arte o dalla curiosità, la romanità resta la condizione che ti consente di “essere padroni di tutto senza avere nemmeno due lire in tasca e reinventarsi in continuazione senza mai prendersi troppo sul serio”.
Il murale su Paola Egonu
Nella sua galleria d’arte democratica – perché non si paga il biglietto e restituisce tutta la gamma di sensazioni e reazioni possibili – c’è finita Paola Egonu. L’opposto è diventato un murale che adorna il muro di fronte al palazzo del Coni.
Paoletta in maglia azzurra, il 18 e la medaglia in bella vista, treccia al vento mentre si accinge a schiacciare un pallone da pallavolo su cui c’è scritto “stop racism”. La scia lasciata dal braccio che prende forza e direzione è un tricolore.
Il post su Instagram di Laika
Il post su Instagram spiega per filo e per segno. È l’extra sport che accomuna Egonu e Velasco. È il motivo per cui Paoletta è l’icona di cui parla Julio:
Nel nostro paese non c’è più spazio per xenofobia, razzismo, odio ed intolleranza. Il razzismo è una piaga sociale che va sconfitta. Farlo anche attraverso lo sport è importantissimo. Credo in un futuro di inclusività, di accoglienza e di rispetto dei diritti umani. Essere rappresentat* da atlete come Paola Egonu, Myriam Sylla, Ekaterina Antropova è un onore. Vederle con la medaglia più preziosa dei giochi olimpici al collo, mentre cantano commosse l’inno italiano è una gioia immensa. Dedico questo poster a tutti gli Italiani non riconosciuti come tali dal nostro stato.
Egonu diventa l’Italia
Pleonastico trovare i destinatari di un messaggio simile: andiamo a pescare a mani giunte la polemica tutte le volte che ne capita l’occasione. E, certamente, anche in questo caso, non mancherebbero figure – politiche e non – a cui trasferire l’intero messaggio ma sembra più interessante estrapolare il valore aggiunto reale: e del post e del murale.
In un Paese nel quale accade di frequente che la vita vera e quella rappresentata non collimino; in un periodo storico in cui sparute minoranze insistono su cliché superati dai fatti, quindi anacronistici e bugiardi; il giorno immediatamente successivo a una vittoria sportiva costruita per osmosi e non per identitarismi: cos’è l’italianità?
Laika la disegna: è il topos dell’inclusione, dell’accoglienza, del rispetto dei diritti umani, di un gruppo di atlete con storie e radici tanto differenti che si commuovono cantando l’inno. I tratti sono quelli di Egonu, la forma del corpo richiama quella dello stivale. Paoletta è l’Italia.